venerdì 4 febbraio 2011

TRE DOMANDE AD AMMANITI

Dopo il successo di Che la festa cominci, in luglio Niccolò Ammaniti ha iniziato a scrivere un nuovo libro nel suo podere vicino Pitigliano. Lo scrittore romano è un vero amante delle colline. Prima della casa nei dintorni della città del tufo, il suo buen retiro è stato per dieci anni alla Campigliola, nella natura di Manciano. Non è un caso se alcuni passaggi dei suoi libri sono ambientati in zona, a iniziare dalle cascate di Saturnia in Ti prendo e ti porto via. Gli parliamo al telefono dopo una giornata che ha passato a scrivere: del nuovo libro non dà alcuna anticipazione perché dice di essere superstizioso. Passiamo ad altro.
CO: Cosa l’ha colpita delle colline al punto da farne un rifugio dalla città?
NA: La quiete. Sto bene in queste zone perché sono molto rilassanti, vi trovo la tranquillità che a Roma manca. E’ il posto ideale per chi vuole concentrarsi facendo il vuoto dal mondo. Qui in collina ho scritto Io non ho paura (uno dei due romanzi di Ammaniti da cui il regista premio Oscar Gabriele Salvatores ha tratto un film: l’altro è Come Dio comanda, ndr) e l’ultimo libro. In queste terre il paesaggio non è ancora segnato dal cemento, come invece vedo lungo la strada per arrivare da Roma. Segno che amministratori e politici hanno una particolare sensibilità. Spero che questa attenzione rimanga con il tempo, aldilà dell’inevitabile ‘progresso’. Spero di non vedere troppe nuove costruzioni farsi largo nelle campagne.
CO: A proposito di amministratori. Sulla rete sociale Facebook è sorto un gruppo che la riguarda, “Niccolò Ammaniti sindaco di Pitigliano”. Sapeva di questa iniziativa?
NA: Ne sono venuto a conoscenza un po’ di tempo dopo che il gruppo era stato aperto. Ovviamente chi lo ha fatto non mi aveva chiesto niente. Erano malinformati: sono, e voglio continuare a essere, uno scrittore; politica e amministrazione non mi interessano. Tanto più che conosco poco i problemi di queste zone. Quando vengo resto nel podere a lavorare o rilassarmi.
CO: Detta così sembra quasi che non esca di casa. Per esempio sappiamo che il passato ottobre ha fatto il vino usando i metodi tradizionali con dei ragazzi di Pitigliano.
NA: (sorride) No, questa è una esagerazione. Non ho fatto altro che andare a un’ottima cena in cantina, assieme a dei ragazzi che il pomeriggio avevano fatto il vino secondo la vecchia maniera, pestando l’uva coi piedi. A Pitigliano ho trovato delle persone veramente carine e cordiali. E la cucina è davvero buona – d’altronde conosco e apprezzo i piatti maremmani da molti anni, ormai. A dire il vero il cinghiale, che è una delle specialità più tipiche, non mi piace. Però il resto compensa ampiamente, a iniziare dai primi.
(da COLLINE OGGI 48, agosto 2010)